RICONOSCIMENTI E MERITI DELLA
DECIMA MAS
IL BELLISSIMO
RICONOSCIMENTO DI UN NEMICO
John R. Dawson. Del First Special Service Force
Ai Gentleman della Xa. Avevamo
versato il nostro e il vostro sangue al fronte Sud. Su quei freddi pendii
di fronte a Cassino i migliori e gli ultimi di noi ci avevano lasciato:
i primi perché erano i più audaci, gli altri perché
non avevano saputo tener duro. Quelli di noi che si trincerarono lungo
il Canale Mussolini o calpestarono di notte quei bordi scivolosi per portare
la guerra dalla vostra. parte, erano arrivati o erano molto vicini al massimo
delle capacità di soldati, completamente addestrati, resistenti
e assuefatti al pericolo, ma ancora non sufficientemente stanchi da perdere
la nostra sponda.
Come Unità eravamo
smembrati: in parte riuniti in battaglioni, compagnie e plotoni provvisori,
ma il risonante applauso di tutta la Va Armata e la familiare guerra di
manovra per la quale eravamo stati così a lungo addestrati, ci davano
una sicurezza senza rivali dall'una e dall'altra parte del fronte.
Anche nella Xa c'erano Uomini
che in precedenza si erano conquistati onore in guerra; che avevano guidato
le loro torpedini sopra e sotto la superficie del mare, per affondare navi
nei porti nemici e riscuotere la fiducia dei marinai Alleati. Ma sulla
terra erano fuori dal loro elemento, naturale e preferito, e uno scarpone
nel fango dà meno libertà di movimento di una pinna nell'acqua
del mare.
Nel Barbarigo i veterani erano
la minoranza. La maggior parte dei giovani volontari che ci fronteggiavano
ad Anzio avevano lasciato da poco la vita civile, troppo giovani per essersi
trovati coinvolti nelle capitolazioni in massa in Africa e in Sicilia.
La loro vergogna per il comportamento di altre truppe italiane, li aveva
attirati come una calamita verso gli invitti assaltatori subacquei che
condividevano il loro obiettivo di cancellare l'infamia.
Tributo. Voi siete
stati la risposta al sogno di chi cerca nuove reclute - giovani, coraggiosi,
superbamente motivati -. Ma i veterani ebbero poco tempo, nel migliore
dei casi, per equipaggiarvi e addestrarvi come avreste meritato e l'incidente
del 13 Dicembre lo abbreviò ancor più; per colmo d'ironia,
col vostro applauso.
Ci avete affrontati agli inizi
di Marzo, armati soprattutto del coraggio dei vostri cuori.
Siete stati mandati là
per punizione e noi ci impegnammo ad oltranza. La nostra migliore scommessa
per tenere quel lungo fianco destro era di colpirvi così duramente
ad ogni scontro, da rendervi riluttanti a riprovarci.
Eravate una minaccia che poteva
renderci responsabili della perdita dell'intera testa di sbarco. Eravate
il flusso continuo di traccianti che irrompevano dal buio e schioccavano
attorno a noi, sopra di noi, dietro di noi, dentro di noi; eravate le salve
dei proiettili di mortaio e delle granate che scovavano i nostri armieri
e i gruppi d'assalto.
Foste gli uomini che incontrammo
quando l'obiettivo cambiò di proprietario.
In quella prima notte non
riuscimmo a distinguervi dai veterani tedeschi che vi affiancavano. Novizi
coraggiosi e dotati possono affrontare una punizione come i veterani benché
siano più vulnerabili al colpo di ritorno.
Col susseguirsi delle notti
e dei mesi le cose non divennero mai più facili. Ci sforzammo sempre
di infliggervi il colpo decisivo, senza mai arrivarci. Ogni colpo, favorevole
e non, richiedeva un seguito e un nuovo approccio. Sapevamo che vi stavamo
dissanguando, più di quanto non riusciste a danneggiarci. Il che
era sostanziale, ma ogni colpo infertoci era una lezione appresa. Anche
dopo la serie di colpi nel giorno dello sfondamento, la Xa creò
forti punti di resistenza da Cisterna a Norma e alle porte di Roma.
Mentre marciavate attraverso
la città il vostro aspetto dignitoso di soldati e la vostra fama
duramente conquistata, vi guadagnarono il saluto del Generale Kesserling.
I nostri cammini si divisero
oltre Roma e voi raggiungeste il punto epico in qualche parte della Linea
Gotica, in tempo perché gli Inglesi vi accordassero l'Onore delle
Armi al momento della resa. Dividemmo con voi un'esperienza che segnò
gli uni e gli altri, ma l'odio ostinato non ne fece parte. Da soldati vi
salutiamo.
DURI A MORIRE. Storia del Battaglione Barbarigo.
(Dalla prefazione di) Marino Perissinotto. Editore Albertelli. (Indirizzo
e telefono: vedi EDITORI)
UN ECCEZIONALE
RADUNO A LA SPEZIA DEI DUE BATTAGLIONI "LUPO" E "BARBARIGO"
AL VARIGNANO
Com.te Sergio Nesi
L'incontro dei nostri due
Battaglioni, “Lupo” e “Barbarigo” a La Spezia, assume una importanza del
tutto particolare. E merita di essere raccontato in dettaglio. Mario Sannucci,
V. Presidente dell'Associazione, il 30 di maggio 1995 aveva presentato
allo Stato Maggiore della Marina la richiesta che il convegno annuale dei
Battaglioni “Barbarigo” e “Lupo” a La Spezia, fosse tenuto nella caserma
di “San Bartolomeo” dove i due Battaglioni furono costituiti. L'Ammiraglio
di Squadra Luigi Lilio, Capo Ufficio Affari Generali dello Stato Maggiore
della Marina, rispondendo alla richiesta. consentiva, invece, che la cerimonia
si tenesse al COMSUBIN previi accordi con quel Comando. Da quel momento,
scattava l'organizzazione a cura di Gianfelice Vagliani.
La cerimonia al Varignano
è stata preceduta da una visita all'Arsenale di La Spezia, per la
deposizione di una corona d'alloro al Monumento dei Sommergibilisti. Accolti
dall'Ammiraglio Filippo Cusmai e dall'Ammiraglio Sergio Brandone, i reduci
hanno trovato il Comandante Medaglia d'Oro Mario Arillo ad attenderli nell'area
monumentale. di cui è stato ideatore ed artefice.
Mario Arillo ha pronunciato
una breve allocuzione, terminata con la lettura della motivazione della
Medaglia d'Oro al V.M. al Sommergibile “Scirè”. Deposta la corona
al Monumento, i reduci si sono poi recati al Varignano, ricevuti dal Capo
di Stato Maggiore C.V. Domenico Notarantonio. Nel Piazzale era già
schierato il personale di comandata del Raggruppamento, costituito da 10
ufficiali, 18 sottufficiali e 24 fra sottocapi e comuni. L'Altare era al
centro con il Cappellano don Lazzini.
I reduci della Decima si sono
schierati. con i Gagliardetti dei Reparti alla destra dell'Altare al cui
fianco stavano lo Stendardo del Battaglione “Barbarigo” e le insegne del
“Lupo”.
Saluto alle medaglie d'oro
All'inizio della cerimonia è stato suonato
l'attenti. Poi, uscendo dal Comando accompagnate dal Capo di Stato Maggiore,
le tre Medaglie d'oro Mario Arillo, Emilio Bianchi e Luigi Ferraro, si
sono presentate al centro del piazzale. Al termine della Messa, un Capitano
di Corvetta ha invitato la Medaglia d'Oro Alessandro Tognoloni della Decima,
a schierarsi a fianco delle tre Medaglie d'Oro del Varignano e del Capo
di Stato Maggiore. Dopo i rituali segnali di attenti con squilli di tromba,
è stata data lettura della Preghiera del marinaio, da parte di un
sottufficiale degli Incursori; poi il trombettiere ha suonato le note del
silenzio. Quindi, Gianfelice Vagliani ha dato lettura della motivazione
della Medaglia d'Oro allo Stendardo della X Flottiglia Mas.
Ha quindi preso la parola
il Vice Presidente vicario, Sergio Nesi, che ha cosi esordito:
“Prima di ogni altra cosa, è doveroso
che, a nome di tutti i presenti rivolga un sentito ringraziamento alla
Marina Militare, che ha voluto, in maniera autonoma, che l'annuale raduno
dei battaglioni «Barbarigo” e “Lupo” della X Flottiglia Mas, si svolgesse
in questa storica fortezza del Varignano. Un ringraziamento allo Stato
Maggiore della Marina ed in particolare al Capo di Stato Maggiore dei “Raggruppamento
Subacquei ed Incursori”, Capitano di Vascello Domenico Notarantonio, che
ha organizzato questa manifestazione con tanta sensibilità. Desidero
anche inviare il nostro saluto all'Ammiraglio Comandante, assente per una
manifestazione in Sardegna. Poi mi è particolarmente caro rivolgere
un affettuoso saluto alle tre medaglie d'Oro del Varignano, qui presenti,
che cito in ordine alfabetico:
Mario Arillo - Lo
conosciamo tutti. Al comando del sommergibile "Ambra", portò
gli incursori all'attacco dei sorgitori (porti) di Alessandria d'Egitto,
prima, e di Algeri poi. Affondò l'Incrociatore inglese "Bonaventure",
guadagnando la Medaglia d'Argento. Comandante dei Mezzi Navali del Tirreno,
dopo l'8 settembre 1943 organizzò le basi dei Mezzi d'Assalto contro
la testa di ponte di Anzio e Nettuno, nonchè al Sud della Francia
e gli attacchi al porto di Livorno, occupato dagli Alleati. Cooperò
efficacemente, alla fine del conflitto, al salvataggio del Porto di Genova,
minato dai tedeschi.
Emilio Bianchi -
E' con viva emozione che ve lo presento. E' un personaggio schivo da ogni
forma di protagonismo, ma è lui che, trasportato dal sommergibile
“Scirè” comandato da Junio Valerio Borghese, affondò la nave
da battaglia “Valiant” nel porto di Alessandria d'Egitto, cooperando con
Luigi Durand De la Penne e fu lui a condividere, con De la Penne, le drammatiche
vicende sulla nave da loro minata, segregato nella stiva dal Comandante
Morgan che li voleva morti, se non avessero rivelato la posizione dell'esplosivo.
Ha voluto essere presente, per testimoniare con voi che la X Flottiglia
Mas è compatta e indivisibile.
Luigi Ferraro -
Mi limito solo a citare una frase scritta tempo fa: “E' l'uomo che nella
storia della marineria d'ogni tempo ha affondato da solo più naviglio
nemico”. Su di lui non mi dilungo oltre.
Alessandro Tognoloni
- Guardiamarina del Battaglione “Barbarigo”, impegnato sul fronte di Nettuno
contro la testa di ponte anglo-americana, il 23 maggio 1944, a Cisterna,
rifiutò l'ordine di ripiegare, scagliandosi contro una formazione
di carri armati Sherman, armato solo di pistola e bombe a mano. Sparì
nella nube di un'esplosione e fu dato per morto. Gli fu concessa la Medaglia
d'Oro al valor militare “alla memoria”. Ma gli americani lo avevano raccolto
agonizzante per le numerose e gravi ferite. Lo sottoposero ad una lunga
serie di interventi chirurgici in Italia e negli Stati Uniti. Rimessolo
in piedi, lo rinchiusero nel campo di prigionia di Hereford, nel Texas,
quello riservato ai “recalcitrans”. Infatti Tognoloni era un irriducibile.
Rivolgo un saluto anche ai due Assaltatori
che l'Ufficio Storico della Marina ha già collocato nel suo volume
dei Mezzi d'Assalto, Sergio Denti e Sergio Perbellini
Le giovani generazioni
dei subacquei e degli incursori possono ricevere anche da loro il testimone
di un amor patrio senza confini.
Sergio Denti - Già
decorato, giovanissimo, prima dell'8 settembre 1943 sulla torpediniera
“Orsa”, fu protagonista con i Mezzi d'Assalto della Decima, a Nettuno e
decorato di Medaglia di Bronzo. Alla fine, con il suo barchino esplosivo
distrusse il C.T. francese “Trombe”, incrementando il tonnellaggio di naviglio
nemico affondato dalla X Flottiglia Mas.
Sergio Perbellini
- Benché esonerato dal servizio militare per esiti da poliomielite,
è stato in assoluto il primo volontario a presentarsi alla X Flottiglia
Mas: alle 6 del mattino dell'8 settembre 1943. Fu inviato dal Comandante
Borghese alla Scuola dei Mezzi d'Assalto di Sesto Calende. dove ottenne
il brevetto di pilota. Partecipò a varie azioni d'attacco nelle
acque francesi. Assieme a Sergio Nesi, a fine aprile 1945 prese parte all'attacco
del porto di Ancona, in quell'ultima azione che l'Ammiraglio inglese chiamò
“la seconda beffa di Buccari”.
Proseguendo nel suo intervento,
Sergio Nesi ha richiamato l'attenzione dei presenti su alcuni punti di
grande importanza, per sottolineare il significato.
"Il V. Presidente
dell'Associazione combattenti Decima - si era rivolto allo Stato Maggiore
della Marina per chiedere che il raduno dei due Battaglioni potesse svolgersi
al "San Bartolomeo", la loro culla negli anni 1943-44. Poichè
quegli edifici non erano disponibili, lo Stato Maggiore, autorizzò
lo svolgimento della cerimonia presso COMSUBIN. Alla Marina è parso
perfettamente naturale aprire le braccia ai reduci dei battaglioni della
Decima. Il perchè ve lo spiega una frase che nel 1992 l'allora Capo
di Stato Maggiore, Ammiraglio di Squadra Ruggiero, pronunciò a Roma,
nella sala dei ricevimenti del Ministero. Erano presenti le Medaglie d'Oro
Arillo, Ferraro e Birindelli, e tutti gli Ammiragli componenti lo Stato
Maggiore della Marina.
C'ero anch'io - dice Nesi
- L'Ammiraglio Ruggiero fece collocare la Bandiera tra lui e me, poi fece
scattare foto ufficiali dicendo: "Nella X Flottiglia Mas non ci sono
soluzioni di continuità. Avete tutti combattuto per l'Italia".
A rafforzare questo concetto,
l'Ufficio Storico della Marina ha ristampato il volume sui Mezzi d'Assalto,
che, partendo dalla guerra 1915-18, termina con il forzamento del porto
di Ancona nell'aprile del 1945.
Il Direttore dell'Ufficio
Storico, Amm. Buracchia, ha confermato che entro Natale uscirà il
volume sulla Fanteria di Marina. Nella lunga storia dei "fanti di
mar" sono inserite la battaglia di Anzio e Nettuno del "Barbarigo";
la difesa dei confini orientali della Divisione Decima con la battaglia
che ha visto il sacrificio di tanti marò sulle montagne innevate
del San Michele, del Sabotino, dell'Ortigara; la battaglia finale della
Selva di Tarnova, con l'eroica, disperata difesa del Btg. "Fulmine",
della Compagnia Volontari di Francia, che bloccò l'offensiva del
IX Corpus di Tito permettendo che sul Castello di Gorizia sventoli ancora
il tricolore; la battaglia del Senio con i N.P. ed i Btg. "Lupo"
e "Barbarigo", nella quale il T.V. Sannucci lasciò il
suo sangue e brandelli del suo corpo. Il Varignano è la sede più
prestigiosa della Marina ed è la culla della X Flottiglia MAS. Quale
luogo più idoneo per questo raduno?
La terrazza che dà
sul Golfo non offre soltanto uno splendido panorama; da essa all'alba del
9 settembre 1943 gli Assaltatori, che si apprestavano ad attaccare New
York, videro sfilare la squadra navale dell'Ammiraglio Bergamini, diretta
verso il suo destino.
Da quella terrazza si può
vedere l'Albergo Shelley dove furono poste le basi per la organizzazione
della Decima dopo l'8 settembre e dalle cui sale uscirono i versi della
nostra struggente canzone: "Navi d'Italia che ci foste tolte... Nostri
fratelli prigionieri o morti".
Qui di fianco c'è
la mole della Castagna, sede dei "maiali". Di fronte, il Muggiano
dove si trovava la sede del Comando. con Borghese, Arillo, Lenzi, Wolk,
Ferraro, Ungarelli, Scardamaglia, Nesi ecc. e dove c'erano le rimesse per
i barchini. Quel Muggiano sul cui pennone alle 10,30 del 9 settembre, Kalby,
guardiamarina dei Gamma, alzò la Bandiera della riscossa, con un
buco al centro, al posto dello stemma sabaudo.
Più a Nord ecco
San Bartolomeo, il vostro San Bartolomeo. Qui fu la culla degli "N"
di Wolk e dei "P" di Buttazzoni e Ceccacci, prima di trasferirsi
a Jesolo. Insomma, qui è la storia dei Mezzi d'Assalto di ieri,
ed oggi dei successori "Subacquei ed Incursori". Ed è
proprio qui che vi ha invitato la Marina Italiana".
Gianfelice Vagliani ha poi
portato il saluto anche delle altre tre M.O.V.M. invitate, ma impossibilitate
ad intervenire, Gino Birindelli, Roberto Frassetto e Spartaco Schergatt.
Conclusa questa allocuzione,
si è avuto l'intervento del V. Presidente dell'Associazione Decima,
T.V. Mario Sannucci, del “Lupo”. Lo ha letto Gianfelice Vagliani.
Il messaggio di Sannucci
“Erano anni che i reduci
della Decima Mas della R.S.I. manifestavano il desiderio di incontrarsi
alla Caserma di S. Bartolomeo. Oggi per l'interessamento appassionato del
Com. Mario Arillo e per la cortese ospitalità della Marina Italiana
il desiderio si realizza qui al Comsubin e noi gliene siamo sentitamente
grati.
San Bartolomeo rappresenta
una tappa importante nella vita di migliaia di giovani che, ventenni. senza
esperienze militari, presero la decisione più importante della loro
giovinezza e, per molti, della loro vita: combattere per un dovere civico
e per un ideale di patria. Esso fu la culla della loro precoce maturazione
di uomini e di soldati.
Il Varignano che ci ospita
è oggi un simbolo. Ci ricorda che tra le due guerre un pugno di
uomini dedicò il proprio ingegno nella ricerca di nuovi mezzi per
la guerra di mare che aiutassero l'Italia a colmare l'inferiorità
di armamento nei confronti delle altre nazioni.
Il loro impegno di anni
di fede e di sacrificio fu premiato e la Marina ebbe una nuova arma. Non
un'arma di disumana distruzione che agisse dall'alto su vittime indifese
o che partisse da lontano ed esplodesse premendo un bottone. Fu un'arma
a misura di combattente, nella quale l'uomo era un solo corpo con l'ordigno
esplosivo, lo guidava fin sotto l'obiettivo e ne determinava l'esplosione.
Era l'ultima espressione
della guerra romantica, quando il soldato affrontava il nemico armato di
baionetta ed erano solo il coraggio e la preparazione al sacrificio che
determinavano le sorti di una battaglia. E fu qui che si formarono gli
uomini che dovevano guidare quei mezzi. Essi legarono all'arma la loro
determinazione di combattenti, il loro orgoglio di appartenere ad un corpo
glorioso e nella loro dedizione senza limiti, quando gli assaltatori in
azione su Malta trovarono chiusa la via verso l'obiettivo, in un supremo
slancio di offerta ideale alla Patria decisero il sacrificio della loro
vita. Parliamo di Teseo Tesei e di Alcide Pedretti.
L'8 settembre, quando le
istituzioni fuggirono dalle loro responsabilità, l'esercito si dissolse
nello sfacelo della sconfitta e ogni italiano dovette decidere da solo
il suo comportamento, affidandosi alla propria coscienza, molti giovani
si ribellarono allo spettacolo di disarmo morale degli adulti e decisero
di continuare a combattere contro la forza occupante. Ritennero fosse questo
il solo modo per ottenere il rispetto del nemico.
Gli italiani, preoccupati
per l’andamento della guerra, avevano esultato alla notizia delle epiche
imprese dei mezzi d'assalto della Marina nei porti di Alessandria, Alessandretta,
Algeri, Malta, Suda, Gibilterra. La notizia che alcuni protagonisti di
quelle imprese, nella caserma di San Bartolomeo di La Spezia, avevano rifiutato
di ammainare la bandiera italiana e avevano respinto con la minaccia delle
armi il tentativo dei tedeschi di occuparla, esercitò un richiamo
irresistibile su quei giovani... Si verificò il più straordinario
fenomeno di volontariato di guerra. A San Bartolomeo ne affluirono migliaia.
Dai loro comandanti ebbero
il nome glorioso della Decima e la qualifica di marò; dalle navi
"Barbarigo", "Lupo". "Fulmine", "Sagittario",
"Colleoni" e tante altre, il nome dei Reparti. Dal nome assimilarono
lo spirito di corpo e dagli esempi del recente passato il coraggio per
affrontare le future battaglie.
Combatterono in uniforme
Combatterono valorosamente,
ebbero apprezzamenti e decorazioni dai tedeschi e riconoscimenti dagli
alleati, compresa, alla fine, la resa con l'onore delle armi per alcuni
reparti.
Il generale John Vessey,
diventato nel dopoguerra Presidente dei Capi di Stato Maggiore delle Forze
Armate Americane, e che, allo sbarco di Anzio, fu promosso sul campo da
sergente a tenente, ha detto per i combattenti della Decima: "Sapevo
che per molti italiani la guerra era finita, ma avevo inteso parlare di
una certa Decima Mas. Ad Anzio la ebbi di fronte: ragazzi senza fortuna
ma di grande valore".
Reparti della Decima, alternati
ai tedeschi a difesa del fronte del Senio, contribuirono a fermare per
quattro mesi l'avanzata del più forte esercito del mondo. Altre
formazioni della Decima, con l'apporto della Compagnia Volontari di Francia.
respinsero. in una cruenta battaglia, con forze inferiori, l'attacco della
IX Brigata jugoslava che voleva occupare Gorizia.
Il nostro Comandante Valerio
Borghese difese l'autonomia e l'identità della Decima Mas della
RSI. Tanto è vero che fu raggiunto dai suoi colleghi della Decima
Sud per concordare un'azione comune a difesa dei confini orientali dall'occupazione
slava. Per questo riteniamo con orgoglio di aver tenuto sempre alta la
bandiera della Decima. Combattemmo in solitudine contro nemici esterni
e interni, senza miraggi di gloria e di premi futuri, perchè lo
dovevamo alla uniforme che indossavamo e che simboleggiava la Patria, e
lo dovevamo anche ai nostri Comandanti che avevano portato in dono alla
nostra bandiera il loro esempio e le loro medaglie.
E riteniamo di aver difeso
con onore lo spirito dell'arma: lo abbiamo difeso con migliaia di morti
e feriti.
Questo nostro odierno più
che un incontro, è un pellegrinaggio.
Siamo qui per ricordare
con affetto i compagni scomparsi a soli vent'anni, offrendo la vita per
un ideale, lasciando il rimpianto di un esempio che può essere di
guida a tutti i giovani di oggi
E rivolgiamo un deferente
pensiero ai Caduti della Marina e di tutte le armi che con il loro sacrificio
hanno dato lustro e orgoglio alla Patria”
Infine, il Capo di Stato Maggiore
del “Raggruppamento”, C.V. Domenico Notarantonio ha detto:
“In questa giornata dedicata
alla cerimonia commemorativa dei reduci dei battaglioni "Barbarigo"
e "Lupo", a nome dell'Ammiraglio Comandante il Raggruppamento
"Teseo Tesei", C.A. Filippo Pascali, porgo loro il benvenuto.
”Sono passati ormai 50 anni da quelle imprese che impressionarono il mondo
e che furono imitate da alleati e nemici.
La loro messe di gloria
è imponente, 31 medaglie d'ore, 104 medaglie d'argento, 32 medaglie
di bronzo e 30 croci al valore militare.
Il loro ricordo non vive
solo nei sacrari, musei, navi, o caserme, ma nel rispetto e nell'ammirazione
che animano gli "Assaltatori viventi", quando quel passato viene
da essi evocato, superando sempre un innato senso di riservatezza e modestia.
La Marina Militare non
ha disperso le loro esperienze, ma ha saputo aggiornarle: il Raggruppamento
subacquei ed incursori "Teseo Tesei" ha raccolto e sviluppato
l'impegnativa eredità della X Flottiglia Mas. Esperienza e professionalità
messe a dura prova, ma con brillanti risultati nei recenti ed attuali impieghi
operativi, in Libano, in Somalia e per il blocco dell'ex Jugoslavia.
Fino a quando la fantasia
umana non si sarà esaurita, fino a quando esisteranno nel nostro
Paese giovani pronti a sottoporsi con entusiasmo ad un addestramento di
estrema durezza, pervasi dal "coraggio dei forti e non quello dei
disperati", convinti dei propri ideali di uomini liberi, ci sarà
vita per il più prestigioso reparto d’élite della forza armata
italiana".
A conclusione della cerimonia,
il Comandante Nesi ha salutato ritualmente: “Decima, Marinai!” cui i reduci
hanno risposto “Decima, Comandante”, che per la prima volta, dopo cinquant'anni,
è risuonato nell'arca che fu della X Flottiglia Mas. Dopo un rinfresco
offerto dal Comandante dei “Raggruppamento”, mentre la massa dei reduci
rientrava a La Spezia, le Medaglie d'Oro Arillo e Tognoni, Sergio Nesi,
Perbellini, Denti, Walter Jonna e due inviati del “Lupo” e dei “Barbarigo”,
con le rispettive insegne si son imbarcati sul cabinato “Seneca”, per deporre
una corona d'alloro a mare, fuori dalla diga, al di là dell'isola
del Tino.
Sull'imbarcazione del Raggruppamento
“Teseo Tesei” erano il Capitano di Fregata Camillo Raiteri ed il Cappellano
dei Raggruppamento, nonché il trombettiere.
Giunti sul posto designato,
il Comandante Raiteri è salito sul pulpito di poppa, ordinando il
“Corona a mare”, accompagnato da tre squilli di tromba. La Corona, benedetta
dal Cappellano, lanciata da Sergio Denti, recava il nastro con scritto:
“Ai Marinai caduti, i Combattenti della X Flottiglia Mas della R.S.I.”.
L’ULTIMA CROCIATA N. 1. Gennaio 1996.
(Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)
DECIMA MAS IL TRIONFO DELL’IDEALISMO
Una risposta ad un lettore de Il Giornale
Cara Mariella,
sono un trentacinquenne abbastanza digiuno di cognizioni
storiche recenti. Sovente mio padre rievoca un famigerato passato e tratta
da esaltati e da cialtroni coloro i quali, durante il ventennio, facevano
parte di certe unità militari. Lei che cosa ne pensa di quelli della
Decima Mas?
Lettera firmata Palmanova (Udine)
Per quello che ho potuto sapere da fonti storicamente
ineccepibili, posso affermare che i «ragazzi» di quella famosa
unità erano dotati di un eroismo ingenuo, freschissimo.
Si giocavano la vita irridendone il valore in cambio
dell'emozione di tener fede al loro idealismo.
Non furono molti .i. «sopravvissuti»
involontari della Decima, ma sono entrati nel «campo della memoria».
Come la storia della Decima Mas è diventata
una leggenda per gli italiani, ai quali forse bisogna ricordare uno dei
suoi decaloghi: “Devi avere il coraggio dei forti, non quello dei disperati”.
L'epoca, caro lettore, era satura di idealismo. Proprio il contrario
di quello che oggi, purtroppo, accade. Peccato.
IL GIORNALE Quotidiano del 17 Gennaio 1998